Sciogliersi al freddo

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poggiò gli strumenti da lavoro sul tappeto e guardò la sua vena riversatasi nel legno. un uomo in piedi di fronte ad un altro sdraiato a terra, morto. il primo teneva sollevato il cappello del secondo come a farlo vedere a tutti. fece scorrere una mano sulla faccia dell'uomo a terra e l'altra sul suo stesso viso, lentamente. chiuse gli occhi ed ascoltò i lineamenti e le imperfezioni con i palmi. perfetto, come toccare la stessa testa. adesso gli riuscivano proprio bene, le sculture.
la piattezza non aveva invaso il suo appartamento, chiuso ad ogni contaminazione. la tv spaccata a martellate anni prima, era rimasta al suo posto. niente di automatico, nessuna macchina particolarmente moderna in casa. il suo cervello, a differenza di quello di moltissimi, funzionava ancora grazie alle passeggiate all'esterno, ai buoni e veri libri, ai dischi che era riuscito a tenersi dietro fra un trasloco e l'altro.
la pelle nera e la barba bianca segnavano la sua faccia tranquilla e lontana, teatro di un'espressione innaturale se messa a confronto con quella spenta e catatonica delle rarissime persone che aveva il dispiacere di incontrare fuori, durante le sue camminate.
entrò in bagno affondando i piedi scalzi sui vetri rotti dello specchio, caduti la sera prima, tagliandosi. la rabbia lo invadeva sempre più spesso, e quando non aveva sotto mano l'attrezzatura per sfogarsi in qualche figura scolpita, finiva per urlare più forte che poteva, spaccando qualcosa. ma nessuno lo avrebbe sentito, isolato com'era.
fece scorrere un po' di sangue infilando i piedi sotto il getto d'acqua della doccia, poi, con quelli ancora bagnati, tornò in sala accendendosi due sigarette e chiedendosi se sarebbe morto prima che cambiasse qualcosa.

continua

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