Difetti imperfezionabili

abbiamo tutti sonno, siamo tutti stanchi. quello là in fondo arriva dal nulla e chiede un posto per dormire. "prego" gli faccio, "io non ne posso più, si sdrai". lo vedo allungarsi sulla comodissima branda mentre gli occhi gli si sbarrano come i negozi all'orario di chiusura. proprio come quelli, non ci sono cazzi, una volta chiuso non c'è niente da fare, devi ripassare il giorno dopo. dorme di sasso, su quel cumulo di stracci buttati a terra. in diversi stiamo in piedi, esausti per l'immobilità, per l'ondeggiare e ondeggiare che, alla fine, non ci porta da nessuna parte.
vogliamo scendere, adesso. mi giro intorno e vedo che anche gli altri acchiappano l'orizzonte con gli sguardi, che tutti cercano un filo di terra in quel gomitolo blu. ci diamo del lei e non ci siamo mai visti prima, tra tutti e centosette che siamo. c'è complicità, solidarietà. ogni tanto ci aiutiamo a vicenda a spostare i corpi degli addormentati dall'altra parte della barca, mentre questa rimane ferma in balìa di niente, ché nemmeno le onde provano a toccarla.
e il sole è l'unco ristoro, insicuro come il viaggio e come la nostra destinazione. perché non sappiamo se domani mangeremo, né se dovremo lasciare la luce a qualcun altro per andarcene all'ombra dicembrina della poppa, incagliata in chissà quale mostro marino che ha deciso che sì, lui ci vuole.

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