Condividere i sorrisi, strapparseli dalla faccia e asciugarci le lacrime

sono in studio di registrazione e non esiste il tempo.
se fuori è notte, te ne accorgi soltanto perchè si è spento il sole e si sono accesi i lampioni. i generatori eolici, che si stagliano dietro il complesso di cemento che invade gran parte della vista dalla finestra, continuano a girare solitari ma complici tra loro, separati da centinaia di metri ma in posizione come in una mischia di rugby.
la zona industriale, che avvolge la stanza costruita sopra un negozio di autoricambi, sembra fuori dal mondo e invece vi è immersa.
le note della nostra musica rimbalzano sui muri e si schiantano nelle trappole per il suono, mescolandosi a tutti gli umori possibili, estremi compresi, che abbiamo vissuto e stiamo vivendo qua dentro.
sembra di stare in casa fuori casa.
il sudore versato qua dà importanza a tutto, anche alle pause caffè, ai riascolti.
lo studio racchiude aneddoti, esperienze, lezioni, fumo, caramelle, acqua e a sua volta viene racchiuso. una cupola vetrosa di sensazioni ti fa capire quando sei dentro e quando sei fuori, ma il confine non è netto. però te ne accorgi, quando ti allontani, che piano piano quel mondo svanisce in un fade out morbido ma intenso.
entrare in studio è come perdersi tra i pensieri, stare con la testa tra le nuvole non necessariamente a fantasticare.

poi devo rettificare questo post


l'album dei Them Crooked Vultures è effettivamente, dopo numerosi ascolti, ciò che mi aspettavo: "un grande album con riff spaccaculo...roba buona insomma".
voto otto e mezzo (il mezzo è perchè mi sento in colpa per averlo precedentemente svalutato).

inoltre ho appena finito di leggere il libro di cui sotto.


io non so se Ammaniti faccia uso di acidi pesantissimi o tecniche spirituali occulte, ma questo libro è micidiale. ed il bello è che, per certi versi, non sembra nemmeno tanto assurdo.
voto nove.

concludo segnalandovi questa pagina di Wikipedia inglese sull'italian profanity che mi ha fatto discretamente sbudellare dal ridere e che mi ha passato Omar, il mio amico barbuto compagno di concerti e non solo (nel "non solo" sono escluse le orge).

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