Smettiamola di cominciare ed iniziamo a continuare

ci...sei? ci sei?
hei, quanto tempo. dai vieni, che ci divertiamo.

la piattezza grigia rendeva tutto il calore attorno stagnante e fermo, qualcosa di cui non poteva riuscire a godere.
devo fare cazzo, ho da fare. non posso stare qui, lasciami andare.
però non si muoveva, attirato dalle luci e indifferente alle passioni. sconosciuto il luogo dove cercare, spariti i sogni e rinforzate le preoccupazioni.
ma tornerò, tornerò eh. un attimo di tempo. ho...non so cosa ho, lasciatemi un po' vagare.
poi si mosse. ma fu un caso isolato. non si stava addosso, sempre a lavarsi e sempre a pensare pensare pensare senza un briciolo d'iniziativa. quell'apatia, cadutagli addosso forse per stress (ingiustificato) o stanchezza (reale), lo spezzava prima ancora che potesse alzarsi dal letto la mattina.
chi c'è? ah. no, non mi va di vederlo. uh, dai, stiamo soli io e te. non mi va di uscire.
pioveva tutti i giorni, acqua, bagnato ovunque. dovunque tranne che sugli occhi. forse le lacrime avrebbero potuto lavare un po' di nero, un po' di grigio anzi.
vado a letto, buonanotte. prima faccio una cosa. ora la faccio. aspetta, aspetta un attimo. sì subito. subito...
accese il motore per l'ennesimo viaggio verso casa, di durata standard e di periodiche e costanti seghe mentali autodistruggenti. ripensava qua e là ai vari giorni, alle varie cose fatte, all'ispirazione che se n'era un po' andata, che quella cosa lì la poteva aver fatta meglio, e anche quell'altra e ieri poteva anche essere un po' più presente, a tavola.
ok, basta. smetto, la smetto. dopotutto non devo togliere il tempo ai miei piaceri, altrimenti non c'è più nulla di me. e state zitti un attimo cazzo!
la macchina si piegò un po' più sulla destra, in modo naturale, sfiorando il marciapiede. poi ritornò in carreggiata. i Mokadelic a palla, l'atmosfera creata e non spontanea.
adesso ballerei, ballerei con lei e le porterei forse dei fiori, forse dei proiettili dicendole sparami, sparami perchè mi sono comportato di merda.
stavolta lo specchietto destro si piegò verso l'interno sbattendo su un cartello stradale. la strada deserta, la testa deserta. lo spartitraffico giallo si avvicinava e lui a quello. aspettò lo schianto stando zitto come in tutti quei viaggi, passati a far parlare solamente lo stereo.
merda, come posso anche solo pensare a queste cose? merda.
smise di pensare e aprì gli occhi. la rotonda era quasi finita. fortuna che mentre fantasticava non erano entrate altre macchine. parcheggiò al solito posto con una manovra lunga ed inutile, scese e salì le scale di casa.


dunque, sarò a Londra per i prossimi quattro giorni. solita storia, ovvero anzichè scrivere i post, darò un titolo ad ogni giorno passato lontano dal blog, che pubblicherò al mio ritorno.
buon buon.

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