Di cosa ci nutriamo, se non dell'esperienza altrui?

si erano divisi, si erano divisi tutti. uomini e donne, dopo il disastro interiore, il nascondere se stessi, il fingere, l'incoerenza. una gamba, un braccio, un polmone, un occhio; solo il cuore rimase ad una delle due parti.
l'odio reciproco spianò la strada per il resto.
ma non tutti volevano partecipare alla guerra. molti erano da entrambe le parti desiderosi di ritrovare la loro metà, senza sangue nè violenza.
la cornamusa lontana dei medici straziava il silenzio crudo del campo di battaglia fuori fuoco. Khad schiuse il suo occhio destro e rimase in piedi di fronte alla distesa verde ormai porpora. sperò con tutto se stesso che il suo mancino, spinto dal naturale sentimento dell'organo a lui rimasto, venisse a prenderlo per unirsi di nuovo. poi qualcosa lo raggiunse più velocemente di un'idea, toccandogli dolorosamente la scapola. gli sfuggì uno spasmo, che dalla mano lo scosse tutto, facendolo cadere a terra. sentì un passo avvicinarsi, chiedendosi chi mai fosse rimasto vivo oltre a lui. pensò a Dahk, pensò a lui e a quanto sarebbe potuto essergli mancato. si crogiolò nell'aria fresca e profumata del mattino, aspettando che il veleno si aprisse un varco nella sua schiena. tuttavia sperava ancora, sperava in un lieto fine, sperava nell'altro più amorevole e clemente, più fraterno. una mano gli sollevò il mezzo viso, tirandolo verso l'alto.
riuscì appena a riconoscere la parte di naso opposta alla sua, nella metà di faccia dell'altro. ma questo bastò a farlo smettere di sperare.

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