La vendetta in un sorriso

me ne accorsi subito, quella sera mio nonno era diverso dal solito. aveva sette tentacoli, molli e bitorzoluti, con ventose pulsanti come sanguisughe e serpenti in un'unica bestia schifosa. chiaramente non si muoveva.
i tentacoli non erano i suoi, il colore era diverso e sotto quella stretta muscolosa si intravedevano le striature blu di quei quattro che gli erano rimasti negli anni. lo girai ma dietro non c'era nulla, o almeno nulla in cui andassero a finire quelle braccia da polpo. erano circolari, come anelli di cipolla fritti; anzi no: come totani al forno.

dovevo essere caduto o svenuto perché non appena lo stupore mi abbandonò mi accorsi di essere in mezzo alla stanza. il sangue era ancora fresco su una buona parte di pavimento, quindi non doveva essere passato molto tempo dal quando avevo iniziato a fare il salotto. mi guardai nel riflesso delle pupille del cervo che avevo in casa, il lampadario che gli usciva dalla bocca era fermo, quindi potevo almeno escludere il solito terremoto.
nei grandi occhi di vetro vidi delle squame sulla schiena e una faccia dietro la nuca: tutto normale anche qui. il dolore che mi arrivava dai piedi già c'era, gli zoccoli facevano male ma me li ero cuciti da poco e dovevo aspettare almeno un mese per poter camminare con tranquillità. più o meno era successo così anche al mio tabaccaio, solo che lui per qualche malformazione alla nascita aveva tre piedi, anziché quattro. dunque meno dolore.

continuavo a non capire niente, così lasciai passare gli anni. tempo dopo ritrovai la scatola della Stunnolina e ricollegai tutto: avevo preso lo stordente perché dovevo aspettare che il nonno finisse di crescere. e invece me l'ero mangiato troppo presto.

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